“C’è un rapporto diretto, di sincerità naturale tra la natura e il suo operare. Dal suo studio una finestra si spalanca sulla magia e sul mistero delle cave. Cammina molto Sanzeni sulla montagna di Botticino, tra i rosati morbidi della pietra calcarea, sui pannelli bianchi, come gessati, per avere a lungo assorbito la luce del cielo nella cava abbandonata”. (Gianfranco Caffi, 2002 )
“Quando il sole ancora obliquo di gennaio a fatica sfiora i declivi del “Giasarol”, toponimo che rievoca gli accumuli di neve, la fabbrica del ghiaccio e la fatica di vendere il freddo in città, nell’ora in cui la brezza accappona la pelle scorgo, appollaiato a mezza costa, il laboratorio “en plein air” dell’artista Angiolino Sanzeni, in faccia alle cave di candido marmo di Botticino, ciclopici gradini, intrisi di linee e spigoli, affascinante, grandioso, quadro cubista. All’ombra di un antico cipresso, una casupola in legno verde racchiude i semplici attrezzi d’opera: una cesoia, pinze e tenaglie, la saldatrice ad elettrodo e le pietre, le sue pietre levigate, ruvide, sinuose, flessuose, bianche, rosee, sacre, profane, sensuali, ancestrali…universo d’arte da svelare.”. (Giulio Baresi, 2005)